Anche noi abbiamo visto migliaia di lumini che galleggiavano sull’acqua nei frammenti luccicanti del sole nel tramonto di questa fredda estate dei morti.
Una strana e suggestiva escursione, quasi un pellegrinaggio nella memoria, accompagnati dalle rime dei nostri poeti chioggiotti che Santa ed Enrico (ma che belle maschere costoro!) ci hanno proposto rievocando la vita di calle e le gesta faticose e gloriose dei nostri pescatori.
Un centinaio di persone accolte dal Presidente Dott. Mauro Ravagnan che come un nocchiero le introduceva nella capace stiva della “Raffaello Navigazioni” che iniziava il suo viaggio lento e pigro fermandosi quasi dietro l’abside di San Domenico per la Preghiera del Pescatore che invoca il Cristo venuto dal mare. Un viaggio della pesca ad imparare il cuore giusto per vivere, la domanda per attraversare il mare della vita.
Si cercava in un’aria gemmea un’ipotetica valle dei sette morti che oramai non ha più tracce se non nella memoria delle storie sentite raccontare da qualche vecchio pescatore ormai in pensione. Eppure proprio lì un piccolo comitato era andato in un pomeriggio glorioso di Agosto, una compagnia picciola come quella dei sette. Trovarono rovine ormai sommerse dal salso, con il rischio di restare in secca. Oggi non si arriva proprio lì ma si guarda dalla prua ed Enrico ci spiega che potrebbe essere vicino a noi la valle, in quei pali orizzontali che emergono ancora a contrassegnare un luogo non luogo. E noi tutti volgiamo lo sguardo e ci pare di intravvedere tra il baluginio dell’acqua le sagome dei sette che vollero sfidare il cielo e andarono a pescare il dì dei morti. E intanto dentro le donne apparecchiano il vin brulè. Il fascino della laguna ci prende e ci accompagna fino ad un casone da cui nella penombra arriva una musica wagneriana. Una macchina fabbrica una nebbia che non si infittisce ma rende l’idea. Là su un tavolaccio imbanditorenghe a scotadeo (il massimo per i chioggiotti e, dai commenti raccolti, anche per gli amici venuti da altre città per questa serata da prescelti…).
Là davanti alla laguna , scenario di cielo e d’acqua , il Piccolo Teatro Città di Chioggia recita la “Valle dei sette morti” nella nuova versione raccolta in “Piero delle vele” di Piergiorgio Bighin.
La rappresentazione allaccia un filo ideale con il nostro passato, con le persone che hanno fatto vivere questa falda di laguna, un filo fatto di fede semplice che non si lascia spezzare da grossolane ragioni … “chi n’à dà da magnare el dì dei morti? Chi n’à dà da magnare el dì dei Santi: i nostri brassi, i nostri brassi “. E lì sotto gli occhi di tutti avviene il prodigio: il morto riprende vita per ricordare che non bisogna mai buttare le reti contro il Cielo.
Le parole carezzano la laguna ormai bruna, galleggiano a pelo d’acqua, risuonano alle orecchie lontane degli avi che ci hanno tramandato questa ed altre storie perché non perdessimo il filo che ci lega al nostro destino. C’è in tutti la percezione di aver vissuto un evento unico, forse irripetibile, un magico pomeriggio regalato dalla clemenza del tempo in una brevissima parentesi fra scirocco e bora, e dalla nostra Pro Loco che ha dimostrato ancora una volta sensibilità e amore autentico alle tracce della nostra tradizione.
Occorre continuare su questa traccia, avere il coraggio di sfidare l’ovvio dei popoli, proponendo percorsi antichi e perciò nuovissimi, di cui la gente, quella vera, ha ancora un disperato bisogno.
Laura Zadra